IVAN DE MENIS
a cura di Angela Madesani
dal 24.06.2021 al 20.09.2021
Frammenti è il titolo della mostra personale di Ivan De Menis, curata da Angela Madesani, che inaugura, il 24 giugno 2021, la programmazione della Fondazione Inverno Fondazione Uomo (Via Vincenzo Foppa, 46 Milano). Lo spazio espositivo è inserito nell’ampio spazio dedicato alla progettazione architettonica e culturale dello Studio Ferruzzi-Mancini. L’artista veneto (1973) propone una serie di lavori che possono essere collocati in un territorio al limite tra pittura e scultura. Nella sua ricerca, infatti, l’aspetto poietico, del fare, si fonde strettamente con quello poetico, sino a dare vita a un raffinato unicum. La sua è una pittura di memoria in cui l’artista è una sorta di deus ex machina, che ogni volta avvia un processo empirico di cui l’esito finale non è dato conoscere in fieri. Ognuno dei suoi lavori è un viaggio, un’avventura con e nella materia prima di tutto per lui e poi per chi guarda. «Da sempre amo ingabbiare le mie opere. Proteggerle e custodirle. Ogni volta che libero un’opera dalla struttura in cui l’ho tenuta compressa per giorni e giorni è un’emozione, una scoperta». Il suo, attraverso il martello, che spacca i vincoli che tengono chiusa l’opera è un atto liberatorio, che potrebbe avere a che fare con un processo psichico, con la capacità di liberazione di dare sfogo ai nostri sentimenti più intimi, racchiusi nel profondo. Quando libera le opere più grandi con il martello, talvolta inserisce dei frammenti nelle opere più piccole, in una sorta di contaminazione continua fra le diverse serie di lavori e quindi tra i diversi momenti della sua esistenza. In mostra sono Tessere, Rette, Compressioni. Con le Tessere l’operazione di preparazione è continua, l’artista vi interviene più volte durante il periodo di decantazione, con le Compressioni, invece, la struttura resta chiusa per oltre 20 giorni. Al momento dell’apertura avviene una sorta di epifania, di svelamento dell’azione del colore, del pigmento sul polistirolo, sulla tela. Il lavoro di De Menis va colto nella sua profondità, vanno osservate le superfici, in alcuni casi i bordi. «È per me importante riuscire a nascondere, per poi lasciare passare la materia pittorica fra le diverse intercapedini in un’alternanza continua. Sono opere a nudo. Per quanto io cerchi di proteggere, di nascondere, la resina arriva dappertutto, si insinua, si infiltra e lascia una traccia. Penetra come l’acqua. È come se le mie opere fossero dei piani, delle geometrie, delle architetture». La scelta di iniziare proprio dal lavoro di De Menis, collezionato nel corso degli anni dai proprietari della Fondazione, è data dal suo intenso rapporto con lo spazio, è, infatti, un lavoro da vedere in movimento, in prospettiva. Le opere cambiano a seconda del punto di vista, non è sufficiente osservarle frontalmente, bisogna viverle, guardarle mentre ci si muove. Nelle Tessere, con un nome che è un chiaro rimando al mondo del mosaico, al quale De Menis veneto, formatosi all’Accademia di Venezia, è particolarmente legato, a differenza che nelle Compressioni, la resina utilizzata, che è frutto di una particolare preparazione, viene colorata con dei pigmenti. La resina, di colori diversi, che viene posta sulla superficie, crea una stratificazione. Anche qui la materia scivola tra le barriere a cui De Menis dà vita con dei pezzi di plexiglas. Ma le strade percorse dal materiale sono ogni volta diverse, non ci sono opere uguali, in una sorta di “modernità liquida” al passo con il tempo in cui ci è dato vivere.